Il bisogno di essere visti: perché cerchiamo conferme e come imparare a darcele da soli

Essere visti. Essere riconosciuti. Sentire che la nostra esistenza ha un impatto su chi ci circonda. È un bisogno antico, radicato nella nostra storia evolutiva, così profondo da guidare molte delle nostre scelte, delle nostre relazioni, dei nostri successi e fallimenti.
Ciò che spesso non ammettiamo è quanto desideriamo che qualcuno ci dica: “Ti vedo. Ti capisco. Sei importante.”Perché, in fondo, non c’è ferita più dolorosa di quella di sentirsi invisibili.


Perché abbiamo bisogno di essere visti?
Il riconoscimento è una delle forze motrici dell’essere umano. Sin da bambini, il nostro sviluppo emotivo dipende dallo sguardo degli altri. Quando un neonato ride e la madre gli risponde con un sorriso, quel bambino impara che il suo esistere ha un impatto. Che ciò che fa viene percepito. Che lui esiste non solo perché è, ma perché qualcuno lo riconosce.
Se questo bisogno non viene soddisfatto durante l’infanzia, si trascina nell’età adulta sotto forma di insicurezza, di ricerca continua di approvazione, di dipendenza dagli sguardi altrui. Diventiamo adulti che lavorano sodo per sentirsi apprezzati, che pubblicano sui social in cerca di like, che si affannano per dimostrare di essere abbastanza.
Ma abbastanza per chi?


La dipendenza dalla conferma esterna
Molti costruiscono la loro autostima sulle conferme che ricevono dagli altri. Se qualcuno ci dice che siamo bravi, ci sentiamo validi. Se nessuno lo fa, ci sentiamo insignificanti. Ma vivere così è pericoloso: significa lasciare il controllo del nostro valore nelle mani altrui.
Ti sei mai chiesto quanto di ciò che fai sia motivato dal bisogno di riconoscimento?
Quante volte hai cercato di impressionare qualcuno solo per sentirti accettato?
Quante volte hai postato qualcosa sperando di ricevere approvazione?
Quante volte hai sentito che il tuo valore dipendeva da un applauso, un complimento, uno sguardo d’ammirazione?
Non c’è nulla di sbagliato nel desiderare riconoscimento. È naturale, umano. Ma quando la nostra autostima dipende solo dagli altri, siamo in pericolo. Perché cosa succede se un giorno lo sguardo degli altri si sposta altrove?

Il ruolo dei neuroni specchio: perché il riconoscimento è così potente

La nostra necessità di essere visti e riconosciuti ha radici profonde nel nostro sistema nervoso. Un ruolo chiave in questo processo lo giocano i neuroni specchio, scoperti negli anni ’90 dal neuroscienziato italiano Giacomo Rizzolatti e dal suo team.

I neuroni specchio sono cellule cerebrali specializzate che si attivano sia quando compiamo un’azione, sia quando vediamo qualcun altro compierla. Questo significa che il nostro cervello è programmato per immedesimarsi negli altri, per rispecchiare le loro emozioni e intenzioni.

Ecco perché il riconoscimento esterno ha un impatto così forte su di noi. Quando qualcuno ci guarda con attenzione, ci ascolta, ci riconosce, il nostro cervello registra quell’interazione come una conferma di esistenza. Il bisogno di essere visti non è solo psicologico, ma neurobiologico.

Allo stesso modo, quando ci sentiamo ignorati, trascurati o esclusi, il nostro cervello interpreta questa mancanza di riconoscimento come una minaccia sociale. Studi neuroscientifici hanno dimostrato che il dolore dell’esclusione sociale attiva le stesse aree cerebrali del dolore fisico. Questo spiega perché la solitudine e la sensazione di invisibilità possano essere così dolorose.

Ma se da un lato i neuroni specchio ci rendono sensibili al riconoscimento esterno, dall’altro ci danno anche un’opportunità: possiamo usarli per sviluppare autocompassione e autosostegno. Se impariamo a darci lo sguardo che cerchiamo negli altri, il nostro cervello lo registra comunque come reale. Questo significa che possiamo riprogrammare il nostro bisogno di conferme, imparando a riconoscerci e accettarci senza dipendere dallo sguardo altrui.

In altre parole, il modo in cui ci vediamo diventa il nostro specchio interiore. E quello specchio possiamo sceglierlo noi.


Come imparare a darsi conferme da soli
La vera libertà arriva quando smettiamo di aspettare che qualcuno ci veda e iniziamo a vederci da soli.
Questo non significa diventare indifferenti agli altri, ma imparare a riconoscere il nostro valore indipendentemente dai riconoscimenti esterni. E questo processo passa attraverso alcune tappe fondamentali.
1. Imparare a riconoscersi prima di chiedere riconoscimento
Se sei tu il primo a non vedere il tuo valore, come puoi aspettarti che lo facciano gli altri? Fermati e osservati. Guarda cosa hai costruito, cosa hai superato, chi sei diventato. Spesso cerchiamo negli altri quella conferma che non siamo capaci di darci da soli.
2. Spezzare il circolo della dipendenza dall’approvazione
Quando fai qualcosa, chiediti: Lo sto facendo perché lo voglio davvero o perché voglio che qualcuno mi riconosca? Se la risposta è la seconda, prova a farlo comunque, ma per te. Per la soddisfazione di esserci riuscito, non per il plauso esterno.
3. Accettare che non tutti ci vedranno, e va bene così
Non possiamo piacere a tutti, né possiamo aspettarci che tutti ci riconoscano. A volte il nostro valore rimarrà invisibile agli occhi di molti, e questo non significa che non esista. Il sole continua a splendere anche quando nessuno lo guarda.
4. Allenare l’autoconvalida
Se aspetti sempre che gli altri ti dicano che vali, rimarrai prigioniero della loro opinione. Ogni giorno, invece, prova a dirlo a te stesso. Annota i tuoi successi, piccoli o grandi. Celebra le tue vittorie. Impara a dirti: Ho fatto bene. Sono fiero di me. Sono abbastanza, anche se nessuno me lo dice.


Il paradosso del riconoscimento: quando smetti di cercarlo, arriva
C’è una dinamica curiosa: più cerchi di essere visto, più spesso rimani invisibile. Più cerchi di piacere, meno sei autentico. E più cerchi approvazione, più sembri bisognoso.
Ma quando inizi a vederti da solo, senza aspettare che siano gli altri a farlo, accade qualcosa di interessante. Diventi più autentico, più sicuro di te. E paradossalmente, è proprio quando smetti di cercare conferme che gli altri iniziano a vederti davvero.
Non perché hai cambiato qualcosa di esterno, ma perché dentro di te hai smesso di elemosinare attenzione. Sei diventato il primo testimone del tuo valore.
E allora, la domanda è: quanto ancora vuoi dipendere dallo sguardo degli altri?

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Riferimenti bibliografici aggiornati

  • Vicelli, A. (2023). Sentirsi, il tempo e lo spazio delle emozioni. Independently published.
  • Branden, N. (2019). I sei pilastri dell’autostima: Come accrescere la fiducia in se stessi e conquistare la piena realizzazione personale. TEA.
  • Neff, K. (2018). La self-compassion: Il potere di essere gentili con se stessi. Giunti Editore.
  • Goleman, D. (1997). Intelligenza emotiva: Che cos’è e perché può renderci felici. BUR Rizzoli.
  • Rizzolatti, G., Sinigaglia, C. (2006). So quel che fai: Il cervello che agisce e i neuroni specchio. Raffaello Cortina Editore.
  • Tolle, E. (2010). Il potere di adesso: Una guida all’illuminazione spirituale. Mondadori.
  • Sapolsky, R. M. (2012). Perché alle zebre non viene l’ulcera? Le risposte della scienza allo stress, alle malattie e al benessere. Castelvecchi.

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